Infobesity: quando le informazioni sono in eccesso

Che effetto ha su di noi il bombardamento costante di informazioni che la tecnologia ha reso disponibili online?
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Grazie a Internet la mole di informazioni a nostra disposizione aumenta esponenzialmente. Negli ultimi due anni siamo stati aggiornati sul COVID-19 e ora sulla guerra russa in Ucraina, in tempo reale. Il risultato, però, non è sempre e solo un aumento di cultura. In alcune situazioni, possiamo parlare di infobesity: dipendenza da troppe informazioni.

Informazioni ed efficienza

Ormai internet ci è necessario al pari di dormire, mangiare e respirare. Per i nativi digitali, ovvero chi è nato nell’epoca dell’online, vivere senza essere connessi 24 ore su 24 non è nemmeno concepibile. Quelli nati prima, probabilmente, fanno comunque fatica a ricordare com’era la vita prima di personal computer, smartphone e tablet. 

Ora possiamo sapere cosa accade in Italia e nel Mondo in tempo reale. Se abbiamo bisogno di conoscere, oppure approfondire un argomento i siti a nostra disposizione sono centinaia. Nemmeno la lingua è più una barriera, possiamo tradurre un testo con un click! Per molti secoli, invece, la diffusione di notizie è stata scarsa, in ritardo rispetto all’attualità e riservata a pochi. Ora tutti possono avere accesso alla conoscenza.

Questo ha avuto delle conseguenze sulla nostra mente e sul funzionamento psicologico riguardo al modo di conoscere, di organizzare le informazioni ottenute e di gestirle. Siamo diventati più veloci nel decidere, un esempio è lo shopping online, ma anche meno efficienti nel farlo, pensiamo a tutte le cose inutili che finiamo per comprare, grazie a un click su un’applicazione.

Infobesity: di cosa si tratta?

Con questo termine si indica lo sviluppo di una dipendenza dalle informazioni reperibili online. Il termine si riferisce alla sovrabbondanza  rispetto a una reale necessità di dati che ci troviamo ad “ingerire”. 

Tale afflusso porterebbe a una sorte di indigestione cognitiva, ovvero l’impossibilità di comprenderle e utilizzare le informazioni per i propri scopi. Tale mole di conoscenza porta all’ infoxication, un altro termine utilizzato per descrivere il fenomeno: intossicazione da informazioni. 

L’eccesso di informazioni, infatti, non migliorerebbe il livello di conoscenza su un argomento, ma porterebbe ad un sovraccarico cognitivo tale da non sapere più estrarre dalla massa le informazioni quelle utili e necessarie a conoscere uno specifico argomento.

Cambiano i contenuti e cambia il modo di diffonderli

Una ricerca condotta dall’Azienda americana IBM stima che il 90% dell’informazione presente nel web è stata creata negli ultimi due anni e in trend è destinato ad aumentare. 

Responsabili di questo fenomeno non sarebbero soltanto il numero di contenuti prodotti online, ma anche il veicolo di questi dati, a partire dai social media, gli aggregatori di informazioni e le mailing list in una produzione costante.
 

Ansia Informatica e informazione patologica

L’information anxiety è un espressione coniata da Saul Wurman, designer americano e creatore del format “Ted Talks”, in cui personalità di spicco, ma anche sconosciuti, raccontano la loro esperienza, attraverso dei brevi video. 

L’ansia da informazione, l’incapacità di accedere, capire o utilizzare in maniera ragionata un’informazione necessaria nel mare di dati a disposizione, produrrebbe stress e alla lunga una risposta ansiosa per l’impossibilità di organizzare i dati sistematicamente a livello cognitivo.
 

Si può parlare di psicopatologia dell’informazione?

L’infobesity o l’infoxication porterebbe alla sensazione di essere sopraffatti e come tutte le condizioni che producono stress potrebbe costituire un rischio per la salute.

A preoccupare gli studiosi, non sono però tanto il numero e il tipo di informazioni, quanto l’iperconnessione che ciò comporta. Siamo online per lavoro e ci stiamo anche dopo per il timore di non essere sempre aggiornati e tagliati fuori, in inglese FOMO: Fear Of Missing Out.

Essere connessi senza possibilità o volontà di interruzione, secondo gli studi, ha un impatto negativo sulla nostra efficienza. L’iperconnesione e l’immensa disponibilità di dati avrebbe peggiorato la nostra abilità nel pensare. Alcuni studi arrivano a sostenere che a lungo termine essere sempre connessi può portare a disturbi come depressione, diabete e demenza

Soluzioni per gestire la connettività costante e ciò che ne deriva

La colpa del sovraccarico informatico dipende dalla quantità e qualità di informazioni accessibili, oppure dal modo in cui le usiamo?

  • Se si è creato un rapporto di dipendenza patologica con il web, non per forza la soluzione è arrivare a gesti estremi, come la disconnessione definitiva. Possiamo limitarne l’uso, approfittare, per esempio, di applicazioni che controllano il tempo trascorso navigando online. Su numerosi telefoni è, infatti, disponibile un estratto settimanale del tempo passato utilizzando il dispositivo e le varie applicazioni.
  • Un altro modo per evitare l’iperconnessione, è impostare la modalità riposo o quella lavoro a seconda del momento della giornata. Questo limita la ricezione costante di notifiche, avvisi o aggiornamenti e permette anche di raggrupparle insieme in momenti specifici della giornata.
  • Impariamo a lasciare finestre di tempo libero dallo smartphone o dal computer. Ritornare a trascorrere meno tempo su internet, può aiutare a recuperare il controllo sull’uso che si fa dei vari applicativi tecnologici. Ad esempio, si può decidere di non connettersi fuori dall’orario di lavoro o mentre si è fuori casa con famiglia e amici.
  • Quando ci informiamo, sia per motivi di studio, personali o professionali, procediamo seguendo la regola della soddisfazione: continuiamo a documentarci tra le varie fonti, finché siamo sufficientemente in possesso di ciò che abbiamo bisogno di sapere. 
  • Organizziamo le nostre decisioni, non in base a tutto lo scibile sul dato argomento, ma scegliendo solo un numero limitato di fonti autorevoli che ci aiutino a formare un’opinione su un dato tema. 
  • Valorizziamo la qualità dell’informazione alla quantità, questo aiuta ad aumentare la sensazione di padroneggiamento rispetto a ciò che possiamo sapere. 

Riprendere il controllo sul modo in cui acquisiamo l’informazione evita di farci sentire sopraffatti, impotenti e ansiosi. Poco importa, allora, se ciò dipende da un migliore utilizzo della gestione del tempo trascorso online, da modifiche dello spazio lavorativo in cui tale ricerca avviene oppure imparando ad utilizzare meglio il pensiero critico e i mezzi attraverso cui selezioniamo le nostre informazioni!


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FONTI:
The dark side of information: overload, anxiety and other paradoxes and pathologies
“Work pressures, new agendas in communication” (2016), AAVV, Routledge ed. NY