#NoPhoneDay: un giorno senza il cellulare per favorire l’utilizzo consapevole

OnePlus lancia il #NoPhoneDay un giorno senza cellulare per un detox da app, social network e internet e riflettere sul loro uso
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Iperconnessione e nomofobia, opportunità e rischi: il 2 marzo è il #nophoneday, un giorno senza cellulare, promosso dall’azienda cinese produttrice di smartphone One Plus. Un’occasione per riflettere su quali siano gli aspetti psicologici legati all’utilizzo delle nuove tecnologie.

 

Cellulari e bisogno

 

Lo smartphone è diventato un’estensione di noi stessi. Nulla dopo il computer ha rivoluzionato così tanto la nostra vita. Non importa cosa stiamo facendo, con chi e dove; grazie ai nostri dispostivi, siamo ad un passo da tutto e da tutti.

 

Non stupisce, quindi, che l’utilizzo dei cellulari sia non solo un’opportunità, ma anche un bisogno. Il bisogno, però, genera dipendenza, la dipendenza, se non gestita con consapevolezza, può diventare un problema serio. 

 

Le nuove tecnologie hanno cambiato le nostre abitudini di vita e soprattutto il modo di vivere le relazioni, nel bene e nel male.

Hanno dato l’opportunità di conoscere persone nuove in maniera facile e più velocemente, ma hanno anche aumentato la possibilità di tradire il partner. 

 

Grazie ai social network, stringere rapporti è diventato più facile, ma è diventato al contempo più difficile approfondirli o mantenerli sani. Si pensi al cosiddetto phubbing o phone snubbing ovvero la pratica, più o meno consapevole, di ignorare la persona che ci sta accanto, rimanendo al cellulare. 

 

Questa rivoluzione non è ancora terminata, ma iniziamo già a sentire la necessità di dover imparare a gestirla, perché non diventi una dipendenza nociva. 

 

Iperconnessione: benefici e rischi

 

Si parla sempre più spesso di iperconnessione: l’essere sempre informati e aggiornati 24 ore su 24. L’iperconnessione ha, però, pro e contro. 

 

È positiva quando aumenta la nostra efficacia comunicativa nelle relazioni e quando permette di muoverci con più consapevolezza e velocemente nella nostra realtà. Riuscire a recuperare informazioni in brevissimo tempo ha migliorato la nostra vita e il nostro benessere. È un dato innegabile.

 

L’utilizzo del cellulare non è esente nemmeno da rischi. Senza considerare quelli per la salute – il pericolo di mantenere posture scorrette, la sollecitazione di vista, udito e dita o la disattenzione che può causare incidenti – la questione riguarda anche il benessere psicologico. 

 

L’iperconnessione, infatti, se non è gestita bene, può avere effetti negativi su attenzione, memoria e capacità di concentrazione, quindi sulla produttività. Alcuni studi condannano questo multitasking mentale, perché ne risulterebbe una prestazione meno efficiente. Riuscire a recuperare la concentrazione dopo l’arrivo di una notifica, infatti, richiederebbe diversi minuti al nostro cervello per recuperare il focus su quello che si stava facendo prima.

 

Nomofobia

 

Quando l’iperconessione diventa patologica, si parla di nomofobia. Il termine indica la difficoltà di staccarsi fisicamente dal proprio cellulare o di essere lasciati indietro, se non si è in contatto costante con il mondo. 

 

Chi soffre della sindrome da disconnessione, arriva ad avere comportamenti scorretti e pericolosi. La persona può trascorrere gran parte della giornata online, monitorando costantemente l’arrivo di notifiche. Lo smartphone, in altri casi, può essere utilizzato in situazioni inappropriate o pericolose per la salute. Chi soffre di questa sindrome può arrivare a dormire col cellulare acceso a fianco, svegliandosi durante la notte per controllare i messaggi. 

 

L’impulso a guardare in continuazione le notifiche può accompagnarsi a stati d’ansia, per esempio, quando la carica della batteria scende, oppure se non c’è abbastanza rete, per il timore di rimanere disconnessi. 

 

Quella di non essere sempre raggiungibili è un altro aspetto di questa fobia. Qualche anno fa, il sogno era opposto: finire su un’isola deserta lontano dal rumore del mondo a contatto con se stessi, la natura e nient’altro. Oggi questo per migliaia di persone rappresenterebbe un vero incubo. 

 

Nella nomofobia è paradossale, poi, che la dipendenza patologica, trasformi quella che è un’opportunità – avvicinarsi agli altri – in un’incapacità di relazionarsi davvero con loro. 

 

La nomofobia a livelli più gravi, infatti, può condurre a chiusura ed isolamento sociale. Il nomofobico arriva a non saper più interagire con le persone reali della vita quotidiana, ma solo con quelle virtuali tramite il medium dello smartphone.

 

Dal punto di vista psicologico vediamo, quindi, che l’uso senza criterio porta alla dipendenza e si accompagna a comportamenti di tipo compulsivo, ovvero ripetitivi che possono occupare molte ore durante la giornata, comportando una diminuzione significativa del funzionamento psicosociale.

 

 

La soluzione all’iperconnessione patologica

 

Un modo per risolvere il problema non è sbarazzarsi degli smartphone, ma imparare ad usarli con consapevolezza. Abbiamo bisogno, quindi, di autoeducarci.

 

La regolamentazione sta già avvenendo per opera della comunità. Diversi Comuni hanno promosso campagne di sensibilizzazione all’uso consapevole dei cellulari, Bolzano, ad esempio, dimostrando molta ironia ha predisposto dei paratesta per i distratti che camminano col cellulare in mano. In alcune scuole, ad esempio a Pavia, è stata proposta la “challenge” di usare il cellulare per una settimana solo per le chiamate ( su 3.000 ragazzi, però, hanno accettato in 43 e solo 8 sono riusciti a concludere l’esperimento!). 

Altrettanto importante che l’autodisciplina parta dai singoli individui. L’utilizzo del cellulare è un’abitudine e come tutte le abitudini può essere modificata, quando ci si rende conto che è una minaccia al benessere.

 

#NoPhoneDay e utilizzo consapevole

 

Il #NoPhoneDay può essere un utile strumento per evitare che il rapporto con lo smartphone, da opportunità si trasformi in una condizione sfavorevole e malsana. Una giornata può bastare a disintossicarci dal telefono, da tutte le app “indispensabili” e dai social network. 

 

Staccarsi dal telefono può essere utile per imparare a gestire l’ansia da nomofobia. Quando si riesce a fare a meno di una dipendenza, infatti, anche solo per poche ore, si ha la diretta dimostrazione che imporsi un controllo è possibile. 

 

Inoltre, affrontare ogni tanto “vecchie” sfide senza consultare il telefono, come ricordare a memoria un tragitto o cercare un’informazione su un testo, può aiutare a stimolare il pensiero laterale e la resilienza, aumentando così autostima e umore.

 

Non consultare il cellullare in momenti specicifi, per esempio alla sera o quando non siamo soli, può favorire un utilizzo flessibile e intelligente, senza farci sentire “fuori dal mondo” e aiutare chi ci circonda a fare la stessa cosa.

 

Basta poco per ristabilire l’equilibrio. Il primo passo potrebbe essere partecipare al #NoPhoneDay e disconnettere lo smartphone il 2 marzo per osservare com’è cambiata la nostra vita!