L’approccio cognitivo-comportamentale

La psicologia cognitivo-comportamentale ha avvio verso la fine degli anni ’50 grazie agli studi di diversi ricercatori che si proposero di descrivere, in maniera sistematica, i processi mentali e comportamentali secondo una prospettiva scientifica. L’assunto di base della psicologia cognitiva – comportamentale è che la mente sia un sistema che elabora le informazioni, in modo da operare una scelta. In quest’ottica, il comportamento è la manifestazione di quella scelta come reazione a determinati stimoli.

La terapia cognitivo-comportamentale è un tipo di psicoterapia sviluppatasi negli anni ’60 e si basa sul presupposto che vi sia una relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti.
La sofferenza, secondo questa prospettiva, è legata al tipo di pensieri che facciamo e alle azioni che ne derivano. Non è tanto quello che ci succede che ci fa stare male, ma l’interpretazione che ne diamo che ci fa sentire una particolare emozione e agire di conseguenza.

Interpretiamo costantemente gli eventi, per il bisogno di dare un senso alla realtà che ci circonda e non essere sopraffatti dagli innumerevoli stimoli che si presentano alla nostra attenzione. Col tempo queste interpretazioni maturano in convinzioni, schemi di pensiero, apprendimenti che ci guidano nelle nostre esperienze.

Non sono leggi universali, ma regole che funzionano per noi o quantomeno dovrebbero. A volte infatti questi modi di pensare, a noi, alla realtà e agli altri, diventano poco sani, portano a distorcere la realtà, diventano rigidi ed estremizzati e si ripetono in un circolo vizioso. Il nostro modo di pensare invece di guidarci nella vita ci conduce alla sofferenza e impedisce scelte sane.

La terapia cognitiva mira a lavorare sui pensieri, sulle convinzioni e sulla modificazione dei comportamenti per interrompere questi circoli viziosi disfunzionali che mantengono la sofferenza, regolando le emozioni dolorose e creando le condizioni per risolvere i problemi in maniera più adattiva.

Gli obiettivi della terapia e come si svilupperà vengono stabiliti in maniera condivisa tra la persona che chiede aiuto e lo psicoterapeuta. Lo spirito è collaborativo e richiede la partecipazione attiva del paziente. Si lavora sulla quotidianità, nel “qui ed ora” del presente. Dentro e fuori dallo studio del terapeuta, con il suo aiuto, al paziente viene chiesto di agire attivamente, di monitorare pensieri ed emozioni, di trovare loro un significato che li colleghi e di formulare credenze alternative più adattive. Un altro “compito” del paziente è anche provare nuovi repertori comportamentali, con sviluppare nuovi modi per regolare le sue emozioni. Lo scopo della terapia cognitiva – comportamentale parte dal risolvere il problema portato e si estende alla promozione di nuove modalità cognitive, emotive e di scelta, per un miglioramento globale dell’esistenza.

Questo tipo di trattamento raggruppa diverse teorie, tecniche, modelli di funzionamento psicopatologico e protocolli di intervento. È applicato a disturbi diversi che presentano caratteristiche di base comuni. La sua dimostrata efficacia scientifica fa sì che venga oggi consigliata dalle linee guide internazionali come golden standard nel trattamento della maggior parte dei disturbi psicologici, tra cui la depressione maggiore, il disturbo di panico, la fobia sociale, il disturbo d’ansia generalizzato, il disturbo ossessivo-compulsivo, i disturbi dell’alimentazione e le psicosi.

 Studi scientifici controllati hanno dimostrato che la psicoterapia cognitiva ha un’efficacia maggiore o pari agli psicofarmaci nella cura di molte patologie psichiatriche e risulta essere più utile nella prevenzione delle ricadute. Altro dato importante è che questo tipo di terapia è efficace indipendentemente dal livello di istruzione, stato sociale e reddito della persona che si avvicina al trattamento.