Coronavirus: dobbiamo preoccuparci?

Vera minaccia o sovrastima del rischio? Come l'istinto di protezione finisce per danneggiarci
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Più veloce del Coronavirus, è stata la fobia del Coronavirus. L'aumento del numero dei contagi in Italia nel weekend, le misure cautelative prese in diverse regioni del Nord e un giornalismo dai toni più o meno allarmistici hanno scatenato negli italiani il panico. Da qualche giorno i telegiornali mostrano le conseguenti reazioni istintive. La prima avvisaglia è stato l'esaurimento, settimane fa, delle mascherine protettive.  A seguire, negli scaffali hanno iniziato a scarseggiare i disinfettanti. Nelle ultime ore, infine, si è arrivati, alla visione di centinaia di persone in fila dall'alba per fare scorta al supermercato. Scene del genere risalivano alla Guerra del Golfo negli anni '90, probabilmente. Ma il mondo, o meglio, noi italiani, siamo davvero in pericolo di vita?

La fobia da Coronavirus come la Fobia da SARS?

L'impatto psicologico dell'infezione da COVID-19, il nome scientifico del Coronavirus, potrebbe diventare maggiore del pericolo per la salute fisica della malattia. Di fronte a un rischio ritenuto serio per la salute, infatti, le persone non reagiscono, come fanno abitualmente di fronte allo stress, ma in maniera istintiva.

 In passato si sono registrati centinaia di casi di "SARS phobia". Quando nel 2003 la "sindrome respiratoria acuta grave" SARS si diffuse dalla regione di Canton in Cina, al resto del mondo, causando 8.000 contagi e circa 700 decessi, si è diffusa anche una preoccupazione distorta per la salute in migliaia di persone.

Diversi sono stati gli episodi legati alla fobia in quel periodo. Molte persone in preda al panico si riversarono nei supermercati, dopo che un sito web aveva diffuso la notizia che la regione sarebbe stata sottoposta a quarantena e isolata dal resto del mondo.  Un uomo si suicidò in ospedale, pensando di aver contagiato la famiglia. In Canada, anche se i casi, alla fine, furono una cinquantina, una parte della popolazione mostrò sintomi psicologici legati alla paura della SARS.

In Italia, già da gennaio le attività cinesi hanno subito cali dal 30 al 70%. Negli ultimi giorni, sono arrivate le notizie di diverse aggressioni di persone cinesi o scambiate per tali, perché ritenute contagiose. A Milano molti esercizi commerciali cinesi hanno deciso di chiudere temporaneamente, in attesa che la situazione migliori.  
 

I fattori psicologici: sovrastima della minaccia e bias cognitivi

La sovrastima della minaccia è uno dei fattori che compone l'ansia patologica. Può assumere diverse forme. Chi sovrastima il pericolo tende ad interpretare i segnali in maniera pessimistica e gli eventi negativi in senso catastrofico. Qualsiasi pensiero o dubbio per le situazioni temute è considerato valido, in maniera acritica, secondo il principio: "Se posso pensarlo, allora può accadere". La percezione di minaccia attiva un'eccitazione del corpo che rende ancora più forte la convinzione di essere in pericolo.

A pesare sul ragionamento sono anche gli errori sistematici, i "bias", a cui andiamo incontro. Le informazioni che acquisiamo all'inizio hanno un peso maggiore, rispetto a quelle successive. Inizialmente sembrava che il virus fosse non solo altamente contagioso, ma anche molto letale. Non importa se adesso sappiamo che la mortalità non arriva al 2% e quel 2% ha già condizioni di salute compromesse; il Coronavirus per chi è molto ansioso rimane comunque la minaccia peggiore che abbiamo affrontato finora.

Negli ultimi giorni si è fatto anche il confronto con la pericolosità dell'influenza stagionale. La comune influenza che colpisce durante la stagione invernale, nel periodo 2018-19 ha contagiato circa 8 milioni di Italiani, causando la morte diretta di circa 400 persone e indiretta, per complicanze, di un numero che si stima tra le 4 mila e le 10 mila morti. Al momento si guarisce dal Coronavirus nell'80% dei casi. Eppure, probabilmente, per la prima non ci si è preoccupati di fare nemmeno il vaccino, per la seconda è accettabile girare con la sciarpa sul naso. 

Il ruolo dei media e delle istituzioni

Il senso irrazionale di pericolo non è solo colpa del nostro istinto, però. Sin dall'inizio programmi tv e giornali hanno dato molto spazio alla notizia, con continui aggiornamenti dalle zone del contagio. Le notizie scarse sulle cause della diffusione del virus hanno portato i giornalisti a prendere in considerazione qualsiasi ipotesi fantasiosa. "L'hanno creato in laboratorio i cinesi". "Se lo sono presi, mangiando cani, gatti o pipistrelli". "È stato diffuso dagli americani, per vincere la guerra commerciale con la Cina".  Ogni tesi, suffragata da nessun dato certo è stata discussa come ugualmente possibile. 

Anche le strategie per contenere la diffusione del virus hanno influenzato la percezione del rischio. Le misure sono diventate sempre più restrittive: Abbiamo cominciato immediatamente con chiusura delle tratte aeree con la Cina. Non è servito e quindi una volta arrivato il virus, è stato dato l'ordine tempestivo di bloccare le persone nei piccoli centri di diffusione, un vero e proprio isolamento dal resto del mondo. Nei grandi centro il consiglio è stato quello di riduzione al necessario di tutte le attività sociali pubbliche e private. Ogni giorno vengono effettuate dagli specialisti le campagne informative con l'elenco di misure precauzionali consigliate. Lavare le mani. Non andare negli ospedali. Rivolgersi ai numeri di emergenza in caso di sintomi. Dai Comuni è arrivato l'ordine di "limitare ogni socialità" che sia il proprio lavoro o le celebrazioni del carnevale. Perfino le messe sono state abolite. Il pericolo si è spostato dall'altra parte del mondo, fino alla nostra porta di casa, letteralmente.  

 

Conclusione: cosa possiamo fare di fronte al panico?

Le misure cautelative, utili e necessarie, portano le persone a vivere in uno stato di vigilanza e allerta costante. Non siamo più al sicuro fuori, con gli altri. Non siamo al sicuro nemmeno chiusi in casa con noi stessi, perchè il virus in alcuni casi è silenzioso e senza sintomi. Cosa rimane da fare se non preoccuparci e farci prendere dal panico?

Chi può dire quanto durerà questa epidemia. Non abbiamo una stima di quale sarà il danno economico a livello individuale e delle Nazioni. Sarebbe, certamente, grave sottovalutare la situazione e ignorare le indicazioni.

Non dovremmo, nemmeno, però minimizzare il rischio psicologico che può produrre il panico. Una cosa almeno la sappiamo e su quella possiamo agire. Se ci facciamo prendere dal panico, con tutto ciò che ne consegue, chi in questo momento ha realmente bisogno di aiuto, magari un anziano in difficoltà che chiama il 112 e non trova la linea o una persona con un sistema immunitario basso, per cui l'uso della mascherina è realmente necessario, non è danneggiato dal Coronavirus, ma dalla paura irrazionale che abbiamo di esso. 

FONTI: The psychology behind the masks: Psychological responses to the severe acute respiratory syndrome outbreak in different regions