Dolore: quando è un’esperienza di crescita

Temiamo il dolore ed evitiamo di soffrire. La sofferenza, però, può anche portare arricchimento e crescita personale
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Ci sono poche cose nella vita che temiamo più del dolore. Quella del soffrire, che sia nel corpo o nell’anima, è un’esperienza spiacevole da evitare ad ogni costo. Almeno questo è il pensiero comune. Filosofi, sociologi e studiosi dell’uomo in generale non condividono, infatti, questa opzione.

 

La sofferenza è molto importante per la crescita personale. Provate ad immaginare un’esistenza in cui non proviamo il minimo dispiacere, neanche un piccolo fastidio. Sembra un quadro da sogno, ma non lo è. 

 

Senza “il fastidio” non proveremmo nessuna spinta a cambiare le cose. Se vivessimo sempre in una condizione di perfezione, immaginando che una situazione del genere sia fattibile, che senso avrebbe modificarla?

 

Chiaramente non è facile vedere il dolore in quest’ottica. Perdite, malattie, lutti: come potremmo dirci grati per avere queste cose nella nostra vita? Probabilmente, però, senza la consapevolezza che tutto ha una fine, non riusciremmo a godere di niente. La sofferenza è il prezzo da pagare per la gioia. Nessuna delle due, da sola, potrebbe esistere.

 

Non esiste un solo tipo di dolore. Può essere causato da una tortura da parte di un aguzzino, il suo significato più atroce, ma può essere anche quello del parto, la cui ricompensa è generare un altro essere vivente. Stessa intensità, significati opposti in maniera inconciliabile.

 

È anche un’esperienza soggettiva, diversa da individuo a individuo per significato e intensità. Non esiste, ad oggi, uno strumento che misuri in maniera oggettiva la quota di dolore che il nostro corpo o la nostra mente è in grado di provare. Il dolore può dipendere dalla suscettibilità del sistema sensoriale di ognuno di noi, dall’attenzione che vi dedichiamo e perfino dal diverso modo in cui diverse culture lo esprimono. 

 

È grazie al dolore che possiamo superare i nostri limiti e dare prova di resilienza. Soffrire può portare molti vantaggi, ad esempio nello sport. Lo sportivo a livello agonistico ha il compito di migliorare la propria prestazione ad ogni prova, fino al limite intollerabile e poi oltre ancora. 

 

Il dolore può anche essere quello di un tatuaggio, una pratica, sempre più diffusa anche nella nostra cultura, che viene associata all’abbellimento del corpo e all’espressione di sé.

 

Il dolore è in definitiva un’esperienza fisica, mentale, morale che può produrre sofferenza e cicatrici, ma portare anche a nuovi livelli di percezione e alla nostra rinascita. 

 

Qualcuno ha detto: “quod me nutruit me destruit”, letteralmente “ciò che mi nutre mi distrugge”, ma la distruzione porta anche ricostruzione e innovazione.

 

Per saperne di più: “Esperienze del dolore (2014) di D. Le Breton – Il significato della sofferenza e la sua utilità – recensione”